martedì 23 giugno 2015

ANIMA PERSA (THE FORBIDDEN ROOM): UN INQUIETANTE THRILLER PSICOLOGICO FIRMATO DA DINO RISI


Il trasferimento a Villa Stolz
Venezia. Tino Zanetti (Danilo Mattei), un bel giovanotto appassionato d'arte, va ad abitare nell'antica villa degli zii, Fabio (Vittorio Gassman) ed Elisa (Catherine Deneuve) Stolz, per poter frequentare i corsi di disegno all'Accademia di Belle Arti.
I padroni di casa, lei ricca ereditiera discendente da una facoltosa famiglia veneziana, lui dotto e integerrimo ingegnere impiegato presso un'azienda del gas, trascorrono le loro giornate nei saloni gelidi e immensi del palazzo di famiglia della consorte, ristrutturato solo per metà. Subito dopo il suo arrivo, Elisa mostra a Tino l'ala decadente della casa: corridoi bui e polverosi, un teatro antico quanto la diroccata dimora con un palcoscenico marcescente dove Elisa si esibiva da bambina, camere segrete e inoppugnabili dove sembrano risiedere solo ombre e fantasmi del passato. Dietro una porta chiusa, prontamente spalancata da Tino, quest'ultimo scopre la tetra scalinata della soffitta, ma zia Elisa lo esorta a non salirci mai a causa del marciume nascosto dentro le assi di legno. Nottetempo misteriosi accadimenti turbano il sonno del giovane Tino: rumore di passi proveniente dalla soffitta, miagolii improvvisi, suono di un pianoforte. Quando Tino prova a chiedere spiegazioni ad una reticente zia Elisa, quest'ultima riesce solo a sussurrare con un filo di voce che la melodia proviene presumibilmente dalla casa dei vicini.


In soffitta con l'uomo nero
Un pomeriggio Tino rincasa prima degli zii e, dopo essere piombato in cucina ed aver trovato la vecchia governante Annetta (Ester Carloni) intenta a stirare, le domanda da dove provengano gli strani rumori. La donna lo accompagna in soffitta dove, giunti davanti ad una vecchia porta, lo incita a guardare dallo spioncino per vedere quello che sta accadendo all'interno della stanza: un uomo con i lineamenti simili a quelli dell'ingegner Stolz, in vestaglia cremisi e il volto dipinto, si dibatte e fa le linguacce vicino allo spioncino come a voler spaventare i guardoni. Mentre scendono la scalinata, Tino e Annetta incontrano Elisa, la quale è costretta a raccontare al nipote la sconvolgente verità su quell'uomo misterioso che vive sopra le loro teste. Si tratta di Berto, il fratello schizofrenico dell'ingegnere, che da anni vive recluso in soffitta, circondato dai suoi strumenti da entomologo. Professore illustre di scienze naturali con la passione per gli insetti e tenore dalla voce potente, Berto fu colpito dalla malattia mentale così improvvisamente e inspiegabilmente che il fratello Fabio, anziché ricoverarlo nel manicomio della città, decise di accudirlo in casa propria.



Beba, la bambina perduta 
Una sera l'ingegnere proietta dei vecchi filmini girati da Berto in gioventù, che rivelano l'ossessione di quest'ultimo per l'entomologia, quando all'improvviso un inserto mostra una bambina bionda mentre corre e si diverte in riva al mare. Elisa sgrana gli occhi mentre Fabio, evidentemente turbato, chiude il proiettore accusando la moglie di aver aggiunto quello spezzone alla fine del filmino. Alcuni giorni dopo, Tino riceve la visita di Lucia (Anicée Alvina), una giovane e disinibita modella dell'Accademia, che il giovane conduce dritta dritta in soffitta per spiare Berto. Non essendo riusciti a vederlo e spaventati dalle grida dell'uomo, Tino e Lucia scappano al piano di sotto e cominciano a girovagare per la villa. Mentre scherzano sul palcoscenico del piccolo teatro, urtano una porta e finiscono in una camera sconosciuta: un teatrino dei burattini, vecchi giocattoli, carta da parati e tendine colorate alle finestre e un armadio pieno di vestiti per bambina, quaderni e un bellissimo cappello di paglia con nastrini variopinti. Lucia indossa subito il cappello, mentre Tino è incuriosito da uno dei quaderni di scuola sul quale legge il nome di una certa Beba Torvani. Il giorno seguente è zia Elisa a confessare a Tino l'identità della proprietaria di quei quaderni: figlia di primo letto di Elisa, all'età di dieci anni Beba fu oggetto delle attenzioni deviate di Berto che la sconvolsero a tal punto da provocarne la caduta nel canale accanto alla villa. Da allora Berto, ritenendosi responsabile della morte della bambina, si auto recluse nella soffitta.  


La stanza proibita 
Un giorno l'ingegner Stolz confessa a Tino la verità sulla tragica scomparsa della piccola Beba: non fu a causa delle attenzioni deviate del fratello Berto che la bambina perì, ma per via di una polmonite fulminante e mal curata. Beba è quindi morta per colpa della madre Elisa che dimenticò di farle delle iniezioni e fu sepolta nella tomba della famiglia Stolz per volere di Fabio. Sconvolto dalla rivelazione dello zio, Tino si reca al cimitero insieme a Lucia per cercare la lapide della piccola Beba che però manca inspiegabilmente all'appello. Qualche giorno più tardi Tino va a trovare lo zio Fabio all'azienda del gas, ma scopre con grande stupore che non vi lavora più da molti anni. Per festeggiare il compleanno del nipote, Fabio decide di portare Tino in giro per Venezia, una Venezia segreta che finora non ha avuto occasione di visitare: prima si fermano ad assaggiare dolciumi in un bar lussuoso, dove Tino fa la conoscenza del Duca (Michele Capnist), un amico di vecchia data dello zio; poi cominciano a scendere nei sobborghi della città, fino a raggiungere una bisca clandestina dove Fabio è solito spendere tutti i quattrini della moglie Elisa al tavolo da gioco. Alle prime luci dell'alba, Fabio, Tino e il Duca lasciano la bisca per fare ritorno a casa: Fabio, completamente ubriaco, comincia a manifestare segni di squilibrio e costringe Tino a fare ritorno alla villa da solo. Appena rincasato, il giovane sente la solita melodia provenire dalla soffitta e sale a controllare: la porta è aperta, Tino entra in una stanzetta piena di cianfrusaglie accatastate, mobilio antico, fotografie in bianco e nero, bambole, un registratore e un tavolo pieno di colori. Tino scorge una porta in fondo alla stanza, la spalanca, un'ombra si allunga sulle scale. All'improvviso compare l'ingegner Stolz, con il volto arrossato e i capelli sconvolti: rimprovera Tino di essere salito lassù, si imbratta il viso con i colori e comincia a fare versi e boccacce. Fabio rivela così la sua doppia identità, il suo essere metà saggio e metà pazzo, metà ingegnere e metà professore e al culmine della follia chiama a gran voce Beba: sulla porta si materializza Elisa, vestita con abiti infantili. Fabio impazzì per amore di Elisa, che divenuta adulta, "uccise" per sempre la piccola Beba. Tino scappa il più lontano possibile da quella villa maledetta e da quella città. Non farà più ritorno a Venezia.    


Commento   
Anima persa, diretto nel 1977 da Dino Risi e tratto dal romanzo Un'anima persa di Giovanni Arpino, è una perla rara. Non conoscevo né il romanzo né il film, ma una mattina ho visto per caso alcuni fotogrammi in televisione, per la precisione la scena in cui Tino si reca nella camera della zia Elisa, costretta a letto a causa dei suoi continui malanni. Poche preziose inquadrature dal sapore retrò sufficienti a catalizzare la mia attenzione. Così l'ho guardato fino alla fine, tutto d'un fiato, come si legge un libro di cui ci si innamora, incapace di staccarmi dallo schermo per un solo istante, completamente stordita, "persa" in quelle immagini raffinate e potenti al contempo. In poche parole, l'ho adorato! Mi sono persa nelle acque dei canali veneziani, ho fatto irruzione nella villa misteriosa degli Stolz, ho camminato per i corridoi polverosi dell'ala decadente, ho solcato il palcoscenico del piccolo teatro dove Elisa si esibiva da bambina, ho annusato l'odore di naftalina nell'armadio della piccola Beba, mi sono arrampicata sulle scale ripide e sporche della soffitta e ho guardato dallo spioncino per vedere Berto, finché non è apparso con la sua vestaglia cremisi, il volto dipinto e i capelli arruffati. Ho sentito il profumo di lavanda provenire dalla cucina, dove Annetta era alle prese con il ferro da stiro, ho fatto una visitina alla biblioteca e allo studio dell'ingegnere solo per respirare l'odore delle pagine ingiallite e dei sigari stipati. Sono andata con Tino all'Accademia dove si sentiva forte l'odore dei pennelli e dei colori ad olio, ho visitato il cimitero e la tomba della famiglia Stolz dove l'odore pungente dei fiori appassiti e del cemento fresco mi ha fatto storcere il naso.


Una sera sono uscita con Fabio e Tino, nel bar l'odore di liquore e dolciumi era fortissimo, nella bisca l'aria era irrespirabile. Infine, prima di dirle addio, ho voluto dare un ultimo sguardo a villa Stolz: davanti agli occhi la facciata del palazzo polverosa e decadente, tutt'intorno invece la vegetazione che la divorava poco alla volta. Anima persa è un film che si può toccare e sentire, soprattutto quando ci troviamo di fronte le scene girate an plein air, dove il profumo o il tanfo di una città che sembra "una vecchia signora dall'alito cattivo" si può addirittura respirare. Dagli odori sublimi o marcescenti della città lagunare ai costumi e agli arredi di Villa Stolz (curati da Luciano Ricceri): arazzi, tappeti persiani, divani e poltrone, tavolini da caffè, lavabi, cassettiere, guardaroba e letti a baldacchino, tutto nel palazzo ha il sapore del primo Novecento, di uno stile quasi vittoriano che si sposa alla perfezione con gli abiti rigorosi di Elisa e Fabio, quasi non si trattasse di personaggi che vivono negli anni Sessanta, bensì a inizio secolo scorso. In effetti, villa Stolz sembra una navicella spaziale che emerge dalle acque di una Venezia divisa: per metà antica, sporca, maleodorante, che cade a pezzi per via della muffa; per l'altra metà moderna, progredita, pre o post-sessantottina (l'anno esatto non è specificato), presa d'assalto da giovani artisti capelloni (quelli criticati all'ingresso dell'Accademia dall'ultra conservatore Fabio). La fotografia (curata da Tonino Delli Colli), dai toni scuri e opachi, trasmette allo spettatore l'oppressione e il senso di claustrofobia avvertiti dal giovane Tino non appena mette piede nella villa: è attraverso i suoi occhi e il suo sguardo curioso e indagatore, che in un certo senso tradisce "quell'aria da seminarista" affibbiatagli dallo zio Fabio, che si snocciola l'intera vicenda dei coniugi Stolz (nel romanzo di Arpino invece la storia è narrata sotto forma di diario).

La suggestiva colonna sonora di Francis Lai evoca l'amarezza e la profonda sofferenza dei personaggi nei confronti di un tempo perduto e mai più ritrovato. Elisa non vorrebbe mai invecchiare ("Gli anni sono come una gomma che tutto cancella, leggera, invisibile"), Fabio non accetta i cambiamenti socio-politici, conseguenza inevitabile dello scorrere del tempo, ha una cultura sterminata e una vera e propria fissazione per le parole ("A volte penso che mi piacerebbe vivere dentro un rebus"). La sceneggiatura, (scritta da Dino Risi e Bernardino Zapponi), presenta alcune differenze rispetto al romanzo di Arpino: innanzitutto l'ambientazione (Venezia anziché Torino), il nome degli zii di Tino (Fabio ed Elisa Stolz al posto di Serafino e Galla Calandra), infine le occupazioni di Tino (nel film frequenta l'Accademia di Belle Arti, mentre nel romanzo è un giovane in procinto di diplomarsi). A questo punto ci domandiamo, chi è l'anima persa del titolo? Potrebbe essere Elisa, persa nei meandri della villa e nella paura di invecchiare, potrebbe essere Fabio, perso nel conservatorismo e nelle concezioni antiquate e fuori moda, o forse potrebbe essere Berto, perso nella sporcizia della soffitta e nella sua mente malata, infine potrebbe essere Beba, la bambina perduta. In effetti, tutti i personaggi del film sono anime perse, desolate, solitarie, abbandonate a se stesse, ma c'è un'anima in particolare che merita la nostra attenzione: è quella di Tino, anima smarrita fin dall'inizio della storia nei cunicoli della villa, nelle mille congetture, nei dubbi amletici, ma soprattutto nella paura, nel terrore provato di fronte alla pazzia e alla disperazione umana più bieca. Una paura che probabilmente non lo abbandonerà mai. 
            

       







  

Nessun commento:

Posta un commento