lunedì 14 settembre 2015

POSSESSION: L'HORROR METAFISICO DEL REGISTA ANDRZEJ ZULAWSKI


Berlino, anni Ottanta. Il muro svetta impetuoso nel cuore della città, recidendone in due le arterie malconce. Una croce di ferro all'angolo di una strada ci ricorda l'ultima guerra e coloro che sono morti sul campo di battaglia. Il cielo è plumbeo, l'aria è rarefatta, per le strade solo un cane pastore che corre spaurito. Il male sembra controllare i destini degli uomini. 


Dal finestrino di un taxi un uomo, Mark (Sam Neill), sta osservando con attenzione quello che accade fuori. Arriva davanti un agglomerato di grattacieli e trova ad aspettarlo una donna, Anna (Isabelle Adjani), che lo scorta fino a casa. Un appartamento con la moquette blu, i muri bianchi e la mobilia color latte che affaccia sopra le acque torbide di un torrente in piena. Un bambino di cinque anni, Bob, gioca sul pavimento. Mark e Anna sono sull'orlo della separazione a causa dei subdoli tradimenti della donna. In preda alla disperazione, Mark decide di lasciare l'appartamento e si trasferisce per un breve lasso di tempo in un albergo della zona. 


Rinsavito e desideroso di riabbracciare il piccolo Bob, Mark fa ritorno a casa ma solo per scoprire, con profonda amarezza, che la moglie abbandona inspiegabilmente il bambino per molte ore al giorno. Dopo aver messo alle calcagna di Anna un detective privato, Mark deve fare i conti con un'altra e ancor più sconvolgente scoperta: la donna non si reca affatto dall'amante Heinrich (Heinz Bennent), come il marito aveva sempre temuto, ma in un grande ed antico palazzo in Sebastian Strasse. Anna nasconde un segreto inconfessabile, qualcosa di indicibile e immensamente raccapricciante che potrebbe costituire un grave pericolo per l'umanità... 


Quando penso a Possession, diretto nel 1981 da Andrzej Zulawski (La Femme Publique, 1984; La sciamana, 1996; La fidélité, 2000), mi viene immediatamente in mente qualcosa di blu, come gli occhi impenetrabili di Anna/Isabelle Adjani, che sembrano fatti di velluto. Lo stesso velluto di cui sono intessuti gli abiti che indossa per fare avanti e indietro, come una gazza impazzita, tra l'appartamento in periferia e il palazzo di Sebastian Strasse. Penso all'arredamento della casa in cui vive con il marito Mark e il figlioletto Bob, al candore delle pareti e al blu intenso delle tende e della moquette. Penso ai corridoi blu della metropolitana di Parigi e al colore rosso rubino del sangue che ne inonda i pavimenti.


Possession non è semplicemente un film dell'orrore perché prende le distanze da qualsiasi altra pellicola de paura io abbia mai visto. E' un'opera potente e visionaria che racchiude nel suo nucleo pulsante una quantità infinita di sottogeneri. Dal dramma psicologico (la crisi matrimoniale di Mark e Anna, la crisi dell'uomo moderno) al grottesco (personaggi astrusi appaiono e scompaiono nel corso della vicenda come gli investigatori omosessuali; la maestrina Helen, doppio positivo di Anna, buona compagna di Mark e amorevole e tenera madre di famiglia per Bob; lo scapolo pseudo-intellettuale e tossicodipendente Heinrich; la vecchia madre di Heinrich, sempre vestita di nero, che sembra un fantasma quando accoglie in casa Mark verso la fine del film).


Dal surreale (l'indimenticabile apocalittico finale che sembra preannunciare la terza guerra mondiale) all'horror (la creatura abominevole, dai viscidi tentacoli, che vivifica nel palazzo di Sebastian Strasse). Dal thriller (il mistero alla base della vicenda e le indagini per risolverlo) allo splatter (il piano-sequenza all'interno della metropolitana, la scena più schoccante della storia del cinema; le scene di assassinio all'interno del palazzo di Sebastian Strasse) e al gore (i corpi maciullati dei detective all'interno del frigorifero di Anna nel palazzo di Sebastian Strasse). Fino alla spy story (Mark, che lavora per i servizi segreti berlinesi, è sulle tracce di un uomo con i calzini rosa che si scoprirà alla fine essere proprio colui che gli ha affidato l'incarico). 


Sono almeno sette le pietre miliari del cinema che Zulawski cita nel suo immenso, irripetibile capolavoro. Due film di Roman Polanski, Repulsion, 1965 (Anna, al pari di Carol/Catherine Deneuve, si isola dal mondo esterno fino ad eliminare chiunque tenti di irrompere in esso) e Rosemary's baby - Nastro rosso a New York, 1968 (il parto demoniaco; il palazzo dell'orrore di Sebastian Strasse che riecheggia il Dakota Palace di New York; il quadretto di coppia delineato nella prima metà del film). Due opere di Dario Argento, Quattro mosche di velluto grigio, 1971 (i due detective omosessuali, come l'impagabile Gianni Arrosio/Jean-Pierre Marielle, fiutano la verità ma incappano in un infausto destino) e Suspiria, 1977 (la scena disturbante all'interno dell'accademia di danza).  


Scene da un matrimonio, 1973 di Ingmar Bergman (gli esasperanti litigi familiari). L'esorcista, 1973 di William Friedkin (la possessione demoniaca di Anna; il taglio documentaristico rimarcato dall'uso della macchina a mano) e Shining, 1980 di Stanley Kubrick (la scena finale all'interno dell'appartamento di Helen in cui il piccolo Bob capta la presenza maligna del padre). All'epoca della sua uscita, Possession sconvolse il mondo: le terrificanti scene di violenza, i dialoghi snervanti, le carrellate vorticose per le strade di una Berlino semi-desertica, onirica e spettrale contribuirono ad aumentarne la fama di film maledetto, ultra censurato (come solo Salò o le 120 giornate di Sodoma, 1965 di Pier Paolo Pasolini e Cannibal Holocaust, 1980 di Ruggero Deodato seppero fare) e più criticato della storia del cinema mondiale.


Menzione d'onore per Carlo Rambaldi, creatore degli effetti speciali della pellicola (il polipo antropomorfo è farina del suo sacco), che aveva già lavorato in King Kong (1976) di John Guillermin e Alien (1979) di Ridley Scott. Impresse per sempre nella mia memoria due scene a dir poco agghiaccianti: il piano-sequenza all'interno della metropolitana con Anna/Isabelle Adjani (Palma d'Oro alla miglior attrice al trentaquattresimo Festival di Cannes) isterica tarantolata sopraffatta dal Male e la copulazione demoniaca tra Anna e la creatura tentacolare nella villetta dell'amica Margit (Margit Carstensen) sotto lo sguardo vitreo di Mark paralizzato dalla paura. 
  


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